martedì 20 febbraio 2018

"Il mio Vietnam" di Kim Thúy


Autore: Kim Thúy
Titolo: Il mio Vietnam
Titolo originale:
Edizione: Nottetempo, 2017
Traduzione: Cinzia Poli

Il mio Vietnam di Kim Thuy è stata una lettura molto particolare, oserei dire altalenante. Non mi era mai capitato di leggere un libro così piccolo e di provare sensazioni tanto contrastanti come nel caso di questo romanzo edito Nottetempo.

Non credo di aver ancora capito se è mi è piaciuto, ma ci sono stati momenti in cui la lettura mi ha emozionata e per questo posso dire che il mio giudizio tende più al positivo.

Il mio Vietnam è un libro personale, intimo e minimalista. Vì, discendente di una ricca famiglia di Saigon, si ritrova costretta a fuggire dal suo paese dopo la guerra e a condividere con la sua famiglia un destino che la porterà fino in Canada, la sua nuova casa. La particolarità del racconto di Vì è la mappa delle tappe che viene tracciata capitolo dopo capitolo, come se i luoghi fossero i punti di partenza e non quelli di arrivo. Ogni luogo produce un ricordo, un istante, un frammento della sua vita di cui conserva un ricordo dolce-amaro.

"Mentre la cultura occidentale incoraggia a esprimere i propri sentimenti e le proprie opinioni, i vietnamiti li serbano gelosamente per sé o li comunicano a parole con molto ritegno, perché lo spazio interiore rappresenta l'unico luogo inaccessibile agli altri.

Il dolore viene concentrato in poche parole, essenziali a rendere la tragicità della storia che Vì si porta sulle spalle e che tenta di dimenticare fino a che non si presenta ingombrante alla sua porta. Quello sarà il momento in cui le sue origini, il Vietnam che aveva lasciato troppo piccola per conservarne un ricordo limpido, torneranno a far parte della sua vita.

Ad ogni capitolo, se così possiamo chiamarli, viene dato un titolo scritto in orizzontale a lato della pagina, che rimanda, come già detto, ad un luogo. L'autrice guida il lettore in una geografia di ricordi che, a mio parere, perde un po' il senso verso la fine del racconto.

Forse la parte più amara del libro riguarda proprio il finale. Vì, una volta accettata la differenza tra una cultura di cui ha solo un vago ricordo e un'altra che l'ha accompagnata nella crescita, decide di pareggiare i conti non solo con questi due elementi, ma anche con se stessa. Lo spazio interiore della protagonista è fondamentale in questa ultima parte, anche se a mio parere avrebbe potuto essere sviluppato in modo più approfondito. Forse anche questo aspetto fa parte della narrativa che definirei a "pennellate" della Thúy, ma non credo di averlo capito fino in fondo.

Il finale non è stato di mio gradimento perché sembra come se il taglio, troppo netto, lasci aperto uno spiraglio mai aperto fino a quel momento. Ho percepito una sospensione immotivata che mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca.

Questo libro merita sicuramente una seconda lettura, perché sento di non averlo capito come avrei voluto. Intanto, ti auguro una buona serata e buone letture!

Ci leggiamo presto,
Francesca, Le ore dentro ai libri.

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